giovedì 12 settembre 2013

Mancuso: ''Per Francesco la verità non è dottrina, ma relazione''

Mancuso: ''Per Francesco la verità non è dottrina, ma relazione'' Papa Bergoglio "tocca il nucleo profondo del Cristianesimo". Non dà speranza "a buon mercato", ma la collega alla ricerca del bene e della giustizia. Il commento del teologo Vito Mancuso alla lettera che il Pontefice ha indirizzato a Eugenio Scalfari dalle pagine di Repubblica.

martedì 20 agosto 2013

Dal diario di Don Luigi Sgargetta


Domenica 14/3/1965

In occasione delle riforme liturgiche ritorna chiaro un punto del programma di colonizzazione: la lingua. Ci sono padri che non conoscono il Kirundi; nelle scuole si dà importanza solo al francese. Il francese è un evidente mezzo per deformare questa gente, per creare una mente divisa nella struttura sociale. Esiste una certa opinione secondo cui bisognerebbe eliminare il Kirundi. Sono cose che contrastano l'umanità. Personalmente mi preoccupa il fenomeno degli évolué. Sono talmente deformati per una formazione colonizzatrice ricevuta, che non si degnano di mettersi a contatto con la povera gente. Quanti poi sono nella politica fanno capire che in programma c'è solo l'egoismo senza la minima preoccupazione per il bene del paese. E' gente tagliata fuori dalla popolazione.

Mercoledì 17/11/1965

Ho passato due giornate nella succursale di Burundi assistendo alle Confessioni. Dopo due anni di Ministero sacerdotale in terra d'Africa posso dire che con l'aiuto del Signore ho realizzato discreti risultati sia per quanto riguarda la lingua sia per quanto riguarda la mentalità e l'impegno di adattamento. 

Giovedì 25/11/1965

Abbiamo cominciato oggi la costruzione del piccolo campanile per collocare la piccola campana della Missione Il disegno l'ho calcato dalla mia testa.

Sabato 29/1/1966

Si parla di conferenze sul Concilio. Penso che si possa viverlo senza tante conferenze. Se il sacerdozio è un servizio il prete deve crearsi in merito tutta una mentalità e un programma di vita. Se pianifichiamo la nostra vita comoda o disordinata al dono di sé per gli altri è inutili parlare di conferenze. Se il prete deve vivere la povertà deve sapere rinunciare alle macchine e alle servitù troppo numerosa. Anche su questo punto è tutta una mentalità e un genere di vita  da creare specialmente in mezzo a questa cristianità giovane.

Domenica 21/5/1967

Ritorno da Kihinga per il servizio. Ho visitato anche Bucana. Mio papà mi comunica che dal 23 aprile hanno incominciato ad abitare la casa nuova di Chieri. Mio fratello Mario mi comunica di essersi sposato il 3-4-1967.

domenica 18 agosto 2013

E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna

C'è sempre una contrapposizione in tutto quello che viviamo. C'è sempre un contraltare con il quale dobbiamo fare i conti. Un paradosso, un ossimoro che accompagna le nostre giornate.
Ieri passeggiando in collina tra Chieri e Pino Torinese, in una splendida giornata ventilata e di sole io e mio padre vediamo una ragazza che cammina nella strada che conduce al Podio. Noi siamo piuttosto lontani, ci sarà più o meno un chilometro di distanza. Come sempre mio padre elogia chi si tiene in forma e dedica del tempo per camminare all'aria aperta purificando corpo e mente. Ma man mano che ci avviciniamo dobbiamo ricrederci. Incomincio a commentare la magrezza della ragazza. I nostri passi si avvicinano a lei in grande velocità in confronto alla sua camminata che procede a stento tra un sorso d'acqua e l'altro. Arrivati a pochi metri potevo contarle le costole e vedovo tutte le articolazioni del ginocchio e i muscoli delle gambe ... la realtà ha superato la campagna pubblicitaria di Benetton contro l'anoressia che ha fatto tanto scalpore qualche anno fa ... mi è venuta in mente una frase che ho letto ieri "E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna" Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini.
Quando, l'ho salutata, - si usa quando s'incontra della gente in camminata - l'ho guardata per pochi istanti in viso, non riuscivo a reggere lo sguardo. Avrà avuto 37 anni, non di più. Mi si è stretto il cuore.
Quello che più mi ha sconvolta non è stata la sua magrezza: quello che ho letto nei suoi occhi è stata solitudine, bisogno di affetto. Questo sì che mi ha fatto girare il sangue. Siamo bombardati di messaggi che parlano dell'anoressia e di tutte le malattie del corpo e dello spirito. Abbiamo miriade di social network che coccolano le nostre esigenze affettive. Ma in fondo sono vacue, momentanee, superficiali.
Quando m'imbatto in questi pensieri, mi viene sempre in mente la canzone dei GenRosso "Lavori in corso". Non metto la musica, qui sotto inserisco solo il testo. E' una buona sintesi di quello che tutti abbiamo bisogno nei momenti difficili della nostra vita nei quali, a volte, si deve mettersi al lavoro per ricominciare aiutati dalle persone care che ci circondano. Da soli non si fa mai niente.

C'è bisogno di silenzio,
c'è bisogno di ascoltare
c'è bisogno di un motore
che sia in grado di volare
c'è bisogno di sentire, c'è bisogno di capire
c'è bisogno di dolori
che non lasciano dormire
c'è bisogno di qualcosa,
c'è bisogno di qualcuno
c'è bisogno di parole 
che non dice mai nessuno.

C'è bisogno di fermarsi,
c'è bisogno di aspettare
c'è bisogno di
una mano per poter ricominciare
c'è bisogno di domande,
c'è bisogno di risposte
c'è bisogno di sapere 
cose sempre più nascoste
c'è bisogno di domani, c'è bisogno di futuro
c'è bisogno di ragazzi
che sono al di là del muro.

C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore grande
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo sempre più distante.

[...]

C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore immenso
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo che ritrovi senso.

Abbiamo visto cose nuove
abbiamo fatto tanta strada
ma il mondo che verrà domani
resta un'impresa da titani
siamo tutti adesso importanti
siamo tutti un po' più attori
in questi grandi lavori in corso.

C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore grande
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo sempre più distante.
C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore amore
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo che abbia più colore.

C'è bisogno di memoria, c'è bisogno di pensare
c'è bisogno di coraggio, c'è bisogno di sognare.

lunedì 22 luglio 2013

Immagini di speranza

Una coppia, entrando in Chiesa, la moglie bagna le dita nell'acqua benedetta e poi dà la mano al marito. Dopo all'unisono fanno il segno della croce.

«Andate e fate discepoli tutti i popoli». E' lo "slogan" scelto per la 28a giornata, o meglio settimana, mondiale della gioventù. E' bella l'immagine che ci ha donato San Matteo. Andate, il verbo che ci fa muovere nelle strade della nostra città, nei luoghi sociali, familiari e lavorativi che viviamo.
Fate, il verbo dell'azione, della libera scelta, dell'impegno attivo, della testimonianza consapevole che si realizza nel gesto.
Discepoli, la parola chiave da rivalutare. I discepoli sono coloro che seguono Gesù nonostante le difficoltà di questa scelta. I discepoli di oggi sono i missionari del nostro tempo che per conoscerli non bisogna di certo andare nei paesi del terzo mondo o in terre di evangelizzazione. I discepoli sono persone che ogni giorno ci sono vicino, credenti e non credenti, cristiani, cattolici o appartenenti ad un'altra religione, ma persone irreprensibilmente ed eticamente corretti, trasparenti nei valori. Che lavorano per il bene di tutti i popoli. Dunque nel nostro piccolo tutti possiamo essere discepoli.

La bellezza di un matrimonio dalla celebrazione alla festa successiva. Pietro che ci dice: "Chi vuole avere una vita felice, chi vuol vivere giorni sereni, tenga lontana la lingua dal male, con le sue labbra non dica menzogne". Sì effettivamente è quello ballare con i tuoi amici in una notte d'estate alzare le mani al cielo e cantare "Ma il cielo è sempre più blu", nonostante la crisi economica e di valori, le incertezze e i dubbi.

Ciascuno potrebbe mettere nero su bianco la bontà che ci circonda quotidianamente, incidere su carta e nel animo le immagini di speranza che viviamo. In questo periodo sono come ossigeno, aria fresca di montagna da respirare a pieni polmoni. Perché la bontà (come dice Ernesto Olivero), quando non è buonismo, disarma. E' un'arma di pace e speranza che tutti abbiamo ma, forse, usiamo poco e soprattutto con poca assiduità.



domenica 7 luglio 2013

Q.B. Quanto Basta - Varsavia

La capitale del Paese che più di tutti ha beneficiato dei fondi europei e che è in controtendenza rispetto alla crisi economica non è solo quella che abbiamo conosciuto durante i campionati europei di calcio. Varsavia è giovane, intraprendente e fiera del suo passato che finalmente recupera e rivendica, dopo gli anni del comunismo e della transizione. Tra nostalgia di aringhe e vodka a prezzi calmierati e la voluttà della tartare, un pezzo di Russia ormai orgoglio della nazione, conosceremo Marie Curie, la polacca più famosa della storia, e il nuovo museo interattivo dell’Insurrezione, che racconta della resistenza alle truppe tedesche di Hitler.
 

giovedì 20 giugno 2013

Mi piace pensare

Mi piace pensare che tu te ne sia andata durante il mio volo da Roma a Torino, durante quel mio sonno profondo e ricco di sogni positivi interrotto dal sole che illuminava il mio volto durante la fase di atterraggio.

Mi piace pensare che tu possa ancora leggere i tuoi blog (la Claudia medico - http://mylimph.blogspot.it/; la Claudia e basta - http://www.klalla75.blogspot.it/) e vedere come diano ancora forza e coraggio a persone che hai incontrato solo attraverso le tue parole.

Mi piace pensare che il blog "Claudia e basta" abbia preso vita anche grazie alla lettura del mio blog: mi ha emozionato leggere il tuo primo post.

Mi piace pensare che l'anno scorso, quando ho visitato per la prima volta la tua terra, la Sardegna, in qualche modo tu mi abbia fatto assaporare la bellezza della regione che ora accoglie solo le tue spoglie terrene.

Mi piace pensare che ogni giorno tu cammini al mio fianco e quando tra i miei pensieri ti chiedo un consiglio, in qualche modo tu mi risponda ... la nostra fede fortunatamente prevede la comunione dei santi :-)

Mi piace pensare quando sono giù di morale alla nostra merenda a base di pane e nutella a casa tua ... tu in pigiama e senza parrucca.

Mi piace pensare che con te ho festeggiato ciò che la maggior parte dei giovani in questo periodo desiderano: un contratto a tempo indeterminato.

MI piace pensare alla prima volta che ci siamo incontrate e alla empatia che si è subito creata.

Mi piace vedere ogni giorno, appesa al muro della mia libreria, l'omelia di don Livio e leggere: "Avete visto? Siamo ad un funerale, ma è una festa , stiamo raccogliendo i doni che Claudia ha fatto a noi..."

Mi piace ricordarti così. Buon compleanno, Claudia. Sì perché oggi è anche il giorno del tuo compleanno.

domenica 16 giugno 2013

Dal diario di Don Luigi Sgargetta

Ho deciso di pubblicare un po' per volta il diario di mio zio Luigi e di dedicare a lui una sezione del blog. Pochi giorni fa mi è capita tra le mani una lettera che mi è stata spedita nel 2003 dopo che un pullman con una cinquantina di persone è arrivato a Chieri solo per una preghiera sulla tomba di don Luigi. Era il 2 giugno e mi è arrivata una telefonata dal cimitero di Chieri che mi avvertiva di questa visita inaspettata. Avevo vent'anni. Non c'era nessuno in casa che potesse accoglierli. Allora mi sono recata io al cimitero. Io che l'ho conosciuto solo attraverso i racconti dei miei genitori e che da poco avevo anche trovato il suo diario di missione. Ho vissuto questa esperienza come un segno e la vivo così tuttora. Mi sento legata a don Luigi come se l'avessi realmente conosciuto quando lui era in vita.
Da quell'incontro sono passati 10 anni e credo che sia venuto il momento di rendere pubblico il suo pensiero di Chiesa, così attuale anche se sono passati cinquant'anni.

Lunedì 8/2/1965

A Monsignor Luciani scrivo: "Approfitto dell'occasione per ringraziarLa sinceramente. Inviandomi in Africa mi ha offerto la possibilità di vivere in maniera più completa il mio sacerdozio. In passato Don Vittorio De Rosso Le ha comunicato la mia volontà di restare a disposizione del Vescovo di Ngozi che può disporre solo di pochissimi sacerdoti. Il motivo primo però è questo: in coscienza non mi sento di portare un contributo per sostenere la colonizzazione e la separazione razziale. Penso che dobbiamo dimostrare con i fatti che siamo qui per gli africani e non per noi stessi.".

Lunedì 15/3/1965

In risposta alla  mia del 8/2/1965. Monsignor Luciani scrive così: "quanto all'africanizzazione dei sacerdoti vittoriesi, niente da opporre in linea di principio: prima vediamo però di maturare le decisioni e di contornarle con tutta la possibile prudenza". Se la mia volontà di esercitare il ministero alle dipendenze dei sacerdoti africani dovesse incontrare serie opposizioni preferirei rientrare in Diocesi di Vittorio Veneto pagandomi completamente il viaggio andata-ritorno piuttosto che esercitare il ministero in maniera coloniale e razziale ciò che sarebbe contro le mie convinzioni. 

Domenica 7/3/1965

Oggi abbiamo incominciato a introdurre nella Messa le parti in lingua kirundi. La scorsa settimana ho predicato il rito pasquale a due gruppi per la prima volta. Oltre la lettura di un testo preparato mi sono arrangiato con una certa disinvoltura a commentare e a concludere le prediche.

Domenica 6/5/1965

Oggi, Pentecoste, abbiamo cantato per la prima volta la Messa in kirundi.

Giovedì 25/5/1967

L'idea di rendermi disponibile al mio Vescovo per le missioni si è maturata in me verso la fine del 1962. Oltre le necessità della mia Diocesi, fornita di personale, il Concilio mi ha aiutato a rendermi conto delle necessità della Chiesa. Sono qui nel Burundi perché mandato dal mio Vescovo; la mia richiesta era stata per l'America Latina. Purtroppo sono partito per l'Africa senza alcuna preparazione pastorale e linguistica. Dopo tre anni e mezzo il kirundi e la comprensione dell'animo del Burundi sono ancora per me le difficoltà principali. Sono contento dell'esperienza africana; è stato per me un vero arricchimento sacerdotale, spirituale e umano. In terra di missione più facilmente ci si sente "preti per la Chiesa" e "a servizio della Chiesa". Dopo aver esaminato la situazione locale ho scelto di esercitare il mio ministero sacerdotale nelle comunità dei sacerdoti africani e a completa disposizione del vescovo di Ngozi. Ci sono problemi di ordine umano, sociale, razziale, pastorale ed ecclesiastico, che anche noi, missionari dell'ultima ora, dovremmo cercare di risolvere portando un nostro, sia pur modesto, contributo. Anche di quest'esperienza sono contento e non manco di ringraziare il Signore. Personalmente non penserei di "ritornare in Diocesi". Sono convinto però che la nostra attitudine debba essere sempre di "disponibilità al Vescovo". Gli istituti missionari, che ritengo necessari per la fondazione della Chiesa, dovrebbero attuare il loro "aggiornamento" specialmente per quanto riguarda "l'adattamento".
Fondata la Chiesa i sacerdoti "Fidei Donum", già dotati di una certa esperienza pastorale, possono portare un contributo prezioso per lo sviluppo della chiesa. Date le enormi necessità, anch'io spero che nel secondo decennio, i preti "Fidei Donum" siano più numerosi e che si moltiplicano le iniziative per la loro preparazione. 

sabato 15 giugno 2013

Un bagaglio come parte necessaria al cammino di ricerca

Il tempo, quando è investito in esperienze importanti, vola. Sembra ieri il concerto per il quinto compleanno di "2000 anni come un giorno", e, invece da quel 1° giugno, ho vissuto un'intensissima settimana in Polonia ed è passata ancora un'altra settimana.
Ma solo quando l'euforia e l'adrenalina cominciano a scemare, è proprio in quel momento che ti rendi conto del bagaglio che inevitabilmente si è depositato nella tua vita.
Questo bagaglio voglio condividerlo e rendendolo pubblico, in modo che ognuno possa acquisirne una parte necessaria al suo cammino di ricerca.



2000 anni come un giorno: Io non ho partecipato alla prima, ma ad ogni concerto o prova vivo emozioni diverse e uniche. E la fatica, i chilometri e l'impegno investiti in questa avventura, in questo racconto in-canto, sono nulla rispetto alla bellezza e alla meraviglia che 2000 anni mi dona. Tanto per fare una citazione "s'imprime negli occhi e resta sulle mani"!



Żelazowa Wola. La casa di Chopin: un posto incantevole immerso nel verde. Non è difficile pensare che quel luogo fosse per il compositore fonte d'ispirazione. Si respirava pace, serenità, ma allo stesso tempo anche malinconia ed inquietudine. La musica, che si poteva ascoltare durante la visita, poi ti rendeva partecipe di quel clima, di quell'ambiente che ha influenzato Chopin.

Lodz. La reliquia di don Bosco: mai sottovalutare o dare per scontato quello che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi. Abituati come siamo a sentire San Giovanni Bosco nella e della nostra terra, quando andiamo in altre case salesiane all'estero, la festa per l'arrivo della reliquia è accolta da un'ondata di gioia popolare che non ci appartiene. Bambini, giovani, anziani, preti e suore: tutti coinvolti, tutti insieme. Preghiera e festa sono unite in un unico sentimento collettivo. Mi ha fatto riflettere il modo in cui i polacchi manifestano la propria fede e come vivono i momenti di festa legati alla fede. Si crea un mix: si passa da preghiere in ginocchio davanti alla reliquia ai palloncini e canti in strada con giocolieri e saltimbanchi, da musiche e danze in un palco alla possibilità di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione a due passi da un teatrino "alla don Bosco".
Si gusta la genuinità dell'accoglienza e del Sacro.
Niente orpelli, nessun posto riservato.
Le processioni vengono fatte di mattina, con la luce del sole, dove i preti, le suore, i gruppi e le associazioni non fanno un corteo a se stante ma sono in mezzo alla gente: si fermano, prendono in braccio i bambini piccoli.
Ho imparato tante cose da quest'esperienza. Ho capito che la spiritualità non è una "sostanza" astratta. E' la cosa più concreta che ci sia e può essere manifestata e comunicata con vari colori e varie azioni. E non bisogna paragonare i vari modi di viverla perché sono tutti importanti anche se diversi. Io per inclinazione personale, però, sono molto vicina alla spiritualità che ho potuto vivere in Polonia. Mi sono sentita a casa anche se a chilometri di distanza.

martedì 28 maggio 2013

Dal diario di Don Luigi Sgargetta

Lunedì 5/07/1965

«... In ogni missione i Padri dovrebbero essere preoccupati di conoscere i problemi e le necessità di ordine pastorale e sociale dei cristiani della Parrocchia. Se qualche decisione dev’essere presa il Superiore deve consultare anche i suoi confratelli. È inutile dire ai cristiani che devono ricevere spesso i Sacramenti se non cerchiamo loro di andare incontro, rendendoci disponibili e organizzando qualcosa. È inutile che il Concilio Ecumenico attui la riforma liturgica se poi noi non la attuiamo e non cerchiamo di farla vivere ai cristiani con adeguate spiegazioni e con una dignitosa esercitazione e partecipazione di tutti. Bisognerebbe pensare un po’ di più ai malati, ai vecchi e ai poveri. Oltre che a Pasqua, anche in altre circostanze si dovrebbe dare la possibilità ai malati e ai vecchi di ricevere i Santi Sacramenti. Il Sacerdote deve trattare tutti alla stessa maniera... Se si possono evitare spese superflue si deve farlo. Se si possono evitare dei viaggi si deve farlo. Il lavoro da attuare per il servizio dei Cristiani è enorme e non c’è tempo da perdere. Invece di criticare continuamente gli altri vediamo di capire per conto nostro la situazione reale e portare il nostro contributo per migliorarla senza pretendere di essere noi sulla strada giusta. Prima di accusare gli altri vediamo di fare noi. Non facciamo una malattia per la politica o per il razzismo. Lavoriamo invece per creare una coscienza di responsabilità dove non esiste e per dimostrare con l’esempio che quanto più uno è in alto, tanto più è a servizio del bene della maggioranza. Anche le riunioni fatte per perdere il tempo dovrebbero scomparire. Invece di dire e di chiacchierare, facciamo».

Lunedì 12/07/1965

«... Ancora una volta ho avuto modo di rendermi conto del complesso di superiorità dei bianchi nei riguardi dei neri. Ancora una volta ho capito che il nostro posto come Sacerdoti Fidei Donum è quello di mettersi a servizio della chiesa africana, vivendo con i Sacerdoti Neri e alle loro dipendenze. I Padri Bianchi hanno dichiarato di sentirsi sempre più a disagio nell’esercizio del loro Ministero e hanno chiesto al Vescovo che venga messo a disposizione qualche Abbè per le confessioni e la predicazione nelle loro missioni».

Martedì 14/09/1965

«In quest’ultimo periodo mi sono reso conto praticamente che nella convivenza con gli Abbè Burundi esiste un problema di ordine psicologico. Bisogna evitare ed eliminare anche il minimo motivo che faccia apparire ai loro occhi dei dominatori. Per cui ho tirato questa conclusione: la gestione del denaro dell’economato, con relativa libertà di acquistare e di disporre, dev’essere lasciata a loro. Io potrò continuare ad occuparmi dell’ordine, della pulizia, della custodia del materiale, delle camere dei forestieri... La stessa cosa per quanto riguarda il resto: ogni iniziativa dev’essere lasciata a loro, a me l’attenzione. Se interpellato ho sempre la possibilità di dire il mio parere. Questo per garantire la reciproca libertà e la buona convivenza».

sabato 25 maggio 2013

2000 anni come un giorno compie 5 anni

Cari amici,
il Coro dei Giovani è lieto di invitarvi all'evento "2000 anni come un giorno" nella speciale edizione che festeggia il 5 "compleanno" dello spettacolo musicale ideato e scritto dal Coro dei Giovani.
L'evento avrà luogo sul sagrato della parrocchia Sant'Alfonso de' Liguori, SABATO 1 GIUGNO 2013, alle ore 21.
Dalla prima, avvenuta il 7 giugno 2008 al teatro dell'Istituto San Giuseppe gremito da oltre 400 spettatori, lo spettacolo è stato replicato 18 volte in Torino e Provincia, portando la testimonianza di fede e solidarietà che il Coro vuole trasmettere attraverso i canti ed i progetti missionari che sostiene da tempo.
A questa serata di festa in musica prenderà parte anche il nostro Arcivescovo, Cesare Nosiglia. Vi attendiamo numerosi, per far festa insieme!


Un progetto, una sfida, un successo.
2000 anni come un giorno è...
  • Una musica che vuole essere musica di giovani per giovani, che parli quindi la lingua dell’anno duemila senza sfociare nella banalità e nell’impersonalità della produzione commerciale.
  • Una musica contaminata, per nostra volontà ed esigenza, dalle “musiche del mondo” e da una tradizione classica che molti di noi hanno profondamente studiato e interpretato.
  • I nostri testi vogliono essere insieme racconto e riflessione: pur limitati da esigenze tecniche e metriche, possono essere utilizzati e riutilizzati per cercarvi originali spunti di meditazione, necessariamente sfuggiti ad un primo ascolto, senza per questo snaturarli dal legame intrinseco con la musica che li accompagna.
  • Un'esperienza comunitaria. “2000 anni come un giorno” non solo parla di Vangelo, ma ancor prima vuole essere testimonianza di Vangelo: è una sintesi in testo e musica del vissuto di una intera comunità, che ne riconosce per altro le difficoltà e i limiti.
  • Un'esperienza in cui i nostri molteplici sentieri, storie di vite ed esperienze umane e spirituali diverse, in questo progetto sono state condotte verso quell'Oceano infinito di bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, gioia indicibile.
Nato da una folle idea durante il viaggio di ritorno da Jubilmusic, Festival Internazionale di Christian Music, preparato in 3 anni di lavoro, è stato portato in scena per la prima volta il 7 giugno 2008.

Ricordando quella sera di 5 anni fa...

La prima volta non si scorda mai!!!
Teatro gremito di 400 persone, molte in piedi. Più di un amico salito su in balconata dove non si poteva stare per assistere allo spettacolo.
Allora, ricapitoliamo: computer ok, monitor di servizio acceso, fogli con la scaletta attaccati al bancone... Luce di sx verde apre il sipario, luce rosso lo stoppa, fila in alto luce del teatro, fila in basso luci della scena... interfono per il tecnico al mixer luci sul palco... all'ennesima volta che ripeto il percorso sento interrompersi il cracchiare continuo che avevo in cuffia.
Si inizia. Spegni e accendi un paio di volte le luci in sala in modo che la gente si accomodi.
Spengo.
Buio.
Silenzio.
OHHHH...
Quel brusio di attesa, soddisfazione, ansia, gioia... che il pubblico ha portato fu uno dei rumori che mi porterò con me...
Ora sono tutti seduti.
400 persone, 7 giugno, 30 gradi... e le mani che dovevano dare il via a "la giostra di luci" completamente ghiacciate...
La radio smette nuovamente di gracchiare : "Tre - due - uno ... vai"...
La musica parte e si vedono sotto il sipario ancora chiuso le luci che si accendono e spengono.
Arriva il momento, la musica rallenta... le luci davanti al sipario si accendono e disegnano un cuore apparente... che batte ... in attesa!
Teresa si alza dal pubblico ...e Marco la illumina perfettamente!
Il pubblico non si accorge e "un sipario si apre per te". Tasto verde ed ecco il coro che canta ...
La mia parte l'ho fatta. Le altre canzoni filano via velocemente e l'adrenalina scema con l'andare dello spettacolo.
40 secondi di tensione a palla..., frutto di ore di lavoro, notte insonni e piacevoli compagnie.
Questo è stato l'esordio.

sabato 20 aprile 2013

La rabbia debole

Meredith Haaf, una studiosa tedesca nata nel 1983, 29 anni, […] racconta lo sperdimento della generazione satura in un libro, “Piangete pure”, sfortunatamente non tradotto in italiano. Parla della generazione nata fra gli anni Ottanta e il Duemila. Fragile, rassegnata, indifesa. Malata di una rabbia debole, la rabbia schiumosa e inutile dei “mi piace” su Facebook. Incapace di partecipare alla vita pubblica perché convinta di farlo dal computer di casa, e soprattutto ossessionata da proprio profilo. Istruita fin dall’asilo a comunicare correttamente le proprie caratteristiche, premiata per l’originalità delle opinioni assai più di rado per l’incidenza delle azioni, dissuasa dal conflitto, educata alla mediazione, istruita al pragmatismo che è il contrario dell’utopia, dunque nemica delle passioni tra le quali si annoverano lo sdegno e l’ira, cresciuta con le tariffe “io e te” nell’amore su schermo a distanza, estranea alla rabbia giusta, quella che dalla notte dei tempi – dalla cacciata di Adamo ed Eva fino alle rivoluzioni di piazza contro le odierne tirannie. Convinta di esserci quando si limita ad approvare, o a rimuovere: “nascondi”, dice il tasto con cui disapprovi o non partecipi on line. Nascondi, rimuovi alla vista. Indirizzata a studiare “scienza della comunicazione”, facoltà che illustra i metodi più efficaci per la diffusione della parola, per la formazione di un curriculum dotato di fotogallery, possibilmente di video da scaricarsi su Youtube. Sostanzialmente inerte, troppo veloce per trattenere alcunché, non solidale né responsabile giacché entrambe le categorie prevedono una condivisione di fini che laddove il fine è impercettibile – irraggiungibile, utopistico, chimerico – si risolve in uno spreco di energia.
Descrive in definitiva la rabbia debole. La protesta gracile, il la-la-la infantile di una generazione sazia e annoiata, incapace di rivoluzioni per assenza di ambizioni condivise.

Io vi maledico, Concita De Gregorio


mercoledì 17 aprile 2013

Tralci di vita spezzati dal movimento dei miei passi

Le gambe sono il miglior mezzo di trasporto in queste giornate d'inizio primavera! Senza auricolari alle orecchie e senza impedimenti visivi mi addentro nel centro mentre il sole è al tramonto.
Ed ecco che mi trovo ad essere spettatrice di tralci di vita spezzati dal movimento del mio passo. Un ragazzo che sfoggia il suo nuovo tatuaggio incelophanato al braccio; due amici: uno dice all'altro: "se non sei soddisfatto vuol dire che c'è qualcosa che non va"; due ragazze che si chinano verso un ragazzo clochard donandogli non solo denaro, ma affetto e interesse intavolando una conversazione; una donna in carriera seduta da sola ad un tavolo in Piazza San Carlo davanti al suo PC e al prosecco; l'interesse ossessivo scaturente dalle vetrine di un negozio di via Garibaldi nel quale si svolge un corso di make up; il tipo della pizzeria al taglio che prova se il telefono dell'attività stia funzionando correttamente perché da dieci minuti non stanno arrivando chiamate.
Ecco la bellezza. La bellezza che passa attraverso la quotidianità e ha bisogno di orecchie attente, occhi svegli e passi leggeri per essere colta ed interiorizzata. Solo da essa può generare il cambiamento.

Per una Sociologia pubblica. La traccia di Antonio de Lillo nella ricerca sui giovani

Venerdì 19 aprile 2013 alle ore 10.30, nell’Aula Oriana del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, via Salaria 113, a meno da un anno dalla scomparsa di Antonio de Lillo, il Dip. CoRiS e il Dip. di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre, con il patrocinio dell’Associazione Italiana di Sociologia (AIS), lo ricordano con un importante seminario.

La giornata si concentrerà sulla condizione giovanile, tema, fra i tanti, molto caro al sociologo de Lillo. Tre tavole rotonde saranno i contesti di riflessione e confronto critico sui quali si aprirà il dibattito: la dimensione identitaria e valoriale, la partecipazione sociale e politica, la formazione e il lavoro.

Un gesto fortemente simbolico accompagnerà il seminario: sarà piantato un albero nel cortile del Dipartimento CoRiS.

Per info: http://www.mediamonitorminori.it/convegno_de_lillo.html

lunedì 8 aprile 2013

Emozioni

Emozioni espresse attraverso le parole, che poi vengano dette con un sms, con una mail, con un messaggio su FB, con la voce poco importa.
Emozioni espresse attraverso un'espressione del volto, con un gesto, una foto.
Emozioni. Che bello emozionarsi, che gioia in una lacrima, in una risata appassionata tua o dei tuoi amici. "Gareggiate nello stimarvi a vicenda" per non dare per scontato il bene che ogni giorno riceviamo e doniamo.
Utopico. Possibile? Sì, possibile anche se per molti è utopia. Io non riesco a considerare utopico quello che vivo, ciò che mi rende felice. Forse perché reputo la felicità una continua ricerca, meglio un continuo moto in divenire di condivisione di emozioni e di esperienze senza censure e senza remore.
Certo, con un atteggiamento del genere a volte ci si può scottare, ma mettendo sul piatto della bilancia i pro e i contro, credo che qualche bruciatura valga proprio la pena farsela!