giovedì 20 giugno 2013

Mi piace pensare

Mi piace pensare che tu te ne sia andata durante il mio volo da Roma a Torino, durante quel mio sonno profondo e ricco di sogni positivi interrotto dal sole che illuminava il mio volto durante la fase di atterraggio.

Mi piace pensare che tu possa ancora leggere i tuoi blog (la Claudia medico - http://mylimph.blogspot.it/; la Claudia e basta - http://www.klalla75.blogspot.it/) e vedere come diano ancora forza e coraggio a persone che hai incontrato solo attraverso le tue parole.

Mi piace pensare che il blog "Claudia e basta" abbia preso vita anche grazie alla lettura del mio blog: mi ha emozionato leggere il tuo primo post.

Mi piace pensare che l'anno scorso, quando ho visitato per la prima volta la tua terra, la Sardegna, in qualche modo tu mi abbia fatto assaporare la bellezza della regione che ora accoglie solo le tue spoglie terrene.

Mi piace pensare che ogni giorno tu cammini al mio fianco e quando tra i miei pensieri ti chiedo un consiglio, in qualche modo tu mi risponda ... la nostra fede fortunatamente prevede la comunione dei santi :-)

Mi piace pensare quando sono giù di morale alla nostra merenda a base di pane e nutella a casa tua ... tu in pigiama e senza parrucca.

Mi piace pensare che con te ho festeggiato ciò che la maggior parte dei giovani in questo periodo desiderano: un contratto a tempo indeterminato.

MI piace pensare alla prima volta che ci siamo incontrate e alla empatia che si è subito creata.

Mi piace vedere ogni giorno, appesa al muro della mia libreria, l'omelia di don Livio e leggere: "Avete visto? Siamo ad un funerale, ma è una festa , stiamo raccogliendo i doni che Claudia ha fatto a noi..."

Mi piace ricordarti così. Buon compleanno, Claudia. Sì perché oggi è anche il giorno del tuo compleanno.

domenica 16 giugno 2013

Dal diario di Don Luigi Sgargetta

Ho deciso di pubblicare un po' per volta il diario di mio zio Luigi e di dedicare a lui una sezione del blog. Pochi giorni fa mi è capita tra le mani una lettera che mi è stata spedita nel 2003 dopo che un pullman con una cinquantina di persone è arrivato a Chieri solo per una preghiera sulla tomba di don Luigi. Era il 2 giugno e mi è arrivata una telefonata dal cimitero di Chieri che mi avvertiva di questa visita inaspettata. Avevo vent'anni. Non c'era nessuno in casa che potesse accoglierli. Allora mi sono recata io al cimitero. Io che l'ho conosciuto solo attraverso i racconti dei miei genitori e che da poco avevo anche trovato il suo diario di missione. Ho vissuto questa esperienza come un segno e la vivo così tuttora. Mi sento legata a don Luigi come se l'avessi realmente conosciuto quando lui era in vita.
Da quell'incontro sono passati 10 anni e credo che sia venuto il momento di rendere pubblico il suo pensiero di Chiesa, così attuale anche se sono passati cinquant'anni.

Lunedì 8/2/1965

A Monsignor Luciani scrivo: "Approfitto dell'occasione per ringraziarLa sinceramente. Inviandomi in Africa mi ha offerto la possibilità di vivere in maniera più completa il mio sacerdozio. In passato Don Vittorio De Rosso Le ha comunicato la mia volontà di restare a disposizione del Vescovo di Ngozi che può disporre solo di pochissimi sacerdoti. Il motivo primo però è questo: in coscienza non mi sento di portare un contributo per sostenere la colonizzazione e la separazione razziale. Penso che dobbiamo dimostrare con i fatti che siamo qui per gli africani e non per noi stessi.".

Lunedì 15/3/1965

In risposta alla  mia del 8/2/1965. Monsignor Luciani scrive così: "quanto all'africanizzazione dei sacerdoti vittoriesi, niente da opporre in linea di principio: prima vediamo però di maturare le decisioni e di contornarle con tutta la possibile prudenza". Se la mia volontà di esercitare il ministero alle dipendenze dei sacerdoti africani dovesse incontrare serie opposizioni preferirei rientrare in Diocesi di Vittorio Veneto pagandomi completamente il viaggio andata-ritorno piuttosto che esercitare il ministero in maniera coloniale e razziale ciò che sarebbe contro le mie convinzioni. 

Domenica 7/3/1965

Oggi abbiamo incominciato a introdurre nella Messa le parti in lingua kirundi. La scorsa settimana ho predicato il rito pasquale a due gruppi per la prima volta. Oltre la lettura di un testo preparato mi sono arrangiato con una certa disinvoltura a commentare e a concludere le prediche.

Domenica 6/5/1965

Oggi, Pentecoste, abbiamo cantato per la prima volta la Messa in kirundi.

Giovedì 25/5/1967

L'idea di rendermi disponibile al mio Vescovo per le missioni si è maturata in me verso la fine del 1962. Oltre le necessità della mia Diocesi, fornita di personale, il Concilio mi ha aiutato a rendermi conto delle necessità della Chiesa. Sono qui nel Burundi perché mandato dal mio Vescovo; la mia richiesta era stata per l'America Latina. Purtroppo sono partito per l'Africa senza alcuna preparazione pastorale e linguistica. Dopo tre anni e mezzo il kirundi e la comprensione dell'animo del Burundi sono ancora per me le difficoltà principali. Sono contento dell'esperienza africana; è stato per me un vero arricchimento sacerdotale, spirituale e umano. In terra di missione più facilmente ci si sente "preti per la Chiesa" e "a servizio della Chiesa". Dopo aver esaminato la situazione locale ho scelto di esercitare il mio ministero sacerdotale nelle comunità dei sacerdoti africani e a completa disposizione del vescovo di Ngozi. Ci sono problemi di ordine umano, sociale, razziale, pastorale ed ecclesiastico, che anche noi, missionari dell'ultima ora, dovremmo cercare di risolvere portando un nostro, sia pur modesto, contributo. Anche di quest'esperienza sono contento e non manco di ringraziare il Signore. Personalmente non penserei di "ritornare in Diocesi". Sono convinto però che la nostra attitudine debba essere sempre di "disponibilità al Vescovo". Gli istituti missionari, che ritengo necessari per la fondazione della Chiesa, dovrebbero attuare il loro "aggiornamento" specialmente per quanto riguarda "l'adattamento".
Fondata la Chiesa i sacerdoti "Fidei Donum", già dotati di una certa esperienza pastorale, possono portare un contributo prezioso per lo sviluppo della chiesa. Date le enormi necessità, anch'io spero che nel secondo decennio, i preti "Fidei Donum" siano più numerosi e che si moltiplicano le iniziative per la loro preparazione. 

sabato 15 giugno 2013

Un bagaglio come parte necessaria al cammino di ricerca

Il tempo, quando è investito in esperienze importanti, vola. Sembra ieri il concerto per il quinto compleanno di "2000 anni come un giorno", e, invece da quel 1° giugno, ho vissuto un'intensissima settimana in Polonia ed è passata ancora un'altra settimana.
Ma solo quando l'euforia e l'adrenalina cominciano a scemare, è proprio in quel momento che ti rendi conto del bagaglio che inevitabilmente si è depositato nella tua vita.
Questo bagaglio voglio condividerlo e rendendolo pubblico, in modo che ognuno possa acquisirne una parte necessaria al suo cammino di ricerca.



2000 anni come un giorno: Io non ho partecipato alla prima, ma ad ogni concerto o prova vivo emozioni diverse e uniche. E la fatica, i chilometri e l'impegno investiti in questa avventura, in questo racconto in-canto, sono nulla rispetto alla bellezza e alla meraviglia che 2000 anni mi dona. Tanto per fare una citazione "s'imprime negli occhi e resta sulle mani"!



Żelazowa Wola. La casa di Chopin: un posto incantevole immerso nel verde. Non è difficile pensare che quel luogo fosse per il compositore fonte d'ispirazione. Si respirava pace, serenità, ma allo stesso tempo anche malinconia ed inquietudine. La musica, che si poteva ascoltare durante la visita, poi ti rendeva partecipe di quel clima, di quell'ambiente che ha influenzato Chopin.

Lodz. La reliquia di don Bosco: mai sottovalutare o dare per scontato quello che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi. Abituati come siamo a sentire San Giovanni Bosco nella e della nostra terra, quando andiamo in altre case salesiane all'estero, la festa per l'arrivo della reliquia è accolta da un'ondata di gioia popolare che non ci appartiene. Bambini, giovani, anziani, preti e suore: tutti coinvolti, tutti insieme. Preghiera e festa sono unite in un unico sentimento collettivo. Mi ha fatto riflettere il modo in cui i polacchi manifestano la propria fede e come vivono i momenti di festa legati alla fede. Si crea un mix: si passa da preghiere in ginocchio davanti alla reliquia ai palloncini e canti in strada con giocolieri e saltimbanchi, da musiche e danze in un palco alla possibilità di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione a due passi da un teatrino "alla don Bosco".
Si gusta la genuinità dell'accoglienza e del Sacro.
Niente orpelli, nessun posto riservato.
Le processioni vengono fatte di mattina, con la luce del sole, dove i preti, le suore, i gruppi e le associazioni non fanno un corteo a se stante ma sono in mezzo alla gente: si fermano, prendono in braccio i bambini piccoli.
Ho imparato tante cose da quest'esperienza. Ho capito che la spiritualità non è una "sostanza" astratta. E' la cosa più concreta che ci sia e può essere manifestata e comunicata con vari colori e varie azioni. E non bisogna paragonare i vari modi di viverla perché sono tutti importanti anche se diversi. Io per inclinazione personale, però, sono molto vicina alla spiritualità che ho potuto vivere in Polonia. Mi sono sentita a casa anche se a chilometri di distanza.