martedì 18 novembre 2014

La temperatura del disagio sociale nei bus

Stamattina, come tutte le mattine, prendo la linea 30 che collega Chieri, città della prima cintura, benestante, a ridosso della collina Pecettese e Pinese, a Torino. Entro e si respira un'aria nauseabonda: ci sono tre persone (due di loro sono italiani) totalmente ubriache che si fanno girare una bottiglia di whisky e si accendono anche una sigaretta. Mi chiedo in una situazione del genere cosa possa fare l'autista: ha la facoltà di sbatterli fuori dall'autobus? Io non credo perché non è un pubblico ufficiale. Alla mia richiesta di aprire i vasistas per far circolare l'aria (c'era anche un bambino piccolo a bordo) si è accorto della situazione e ha richiamato i tre, ma la situazione non è migliorata.
Sono scesa perché ero in anticipo.
Ho preso quello successivo: la situazione è vivibile. C'è anche posto per sedersi. Mi accorgo che c'è anche la ragazza della casa in una valigia. L'ho incontrata altre volte e mi ha fatto una tenerezza immensa: è giovanissima, avrà sui 25 anni nascosti dietro i suoi folti capelli dello stesso colore della fascia che indossa per coprirli. Dorme per tutto il viaggio cullata dalla guida e dal tepore del mezzo. Accanto a lei c'è una valigia, la sua casa: credo che contenga tutto quello che possiede.
Mi chiedo quale sia il vissuto di queste quattro persone, cosa le abbia portate a questo stato di indigenza e soprattutto mi chiedo quale sia il limite dopo il quale è vendibile la dignità di una persona.
La mattinata è iniziata decisamente in salita e per oggi ho deciso di non lamentarmi per i miei piccoli fastidi e preoccupazioni: a confronto sono inezie.