sabato 2 novembre 2019

75190 non è e non sarà mai solo un numero

Mi è sempre piaciuto conoscere l'etimologia delle parole e in questi giorni mi sono soffermata su due parole: disprezzo ed esperienza.
La prima, particolarmente in voga ultimamente, deriva, ovviamente, dal latino "dispretiare", dove pretium significa "prezzo" e il prefisso "dis-" codifica l'allontanamento, il distacco, la rimozione. Quindi il disprezzo è l'assenza di prezzo, di valore. Interessante, ma la seconda parola lo è ancora di più. Esperienza deriva sempre dal latino "experientia", "experiri"  che significa sperimentare. Se volessimo essere ancora più precisi, si compone della preposizione "ex" che indica "fuori di, da" e "periri" "andare". Quindi l'esperienza ci porta ad andare fuori dalla nostra, come si usa dire, comfort zone per sperimentare qualcosa che non conosciamo. Se volessimo andare un po' oltre la parola "periri" evoca la parola "perire". Infatti questa fuoriuscita da sé per andare incontro ad altro si porta dietro un lasciare qualcosa, l'abbandono di sicurezze per incontrare qualcosa che è incognita e di cui, solo successivamente, facciamo esperienza.
Mi si è aperto un mondo. Sicuramente ultimamente utilizziamo molto più la prima che la seconda. Disprezzare è qualcosa che non costa fatica, non ha un prezzo. Non prevede un dinamismo cognitivo. Basta prendere posizione contro qualcosa o qualcuno senza però comprendendolo, non facendone esperienza per cercare di capirlo. È un agire sociale a costo zero a cui si aderisce, il più delle volte, senza averne contezza. Pensando al mio quotidiano potrei fare mille esempi che mi coinvolgono anche in prima persona. Ma se volessimo fare i generici pensiamo solo alla mozione parlamentare della Senatrice a vita Liliana Segre.
L'esperienza, invece, non ha un costo zero. Anzi. Richiede coinvolgimento, studio, spostamenti, dialogo, ascolto, andando anche contro alle proprie convinzioni per, magari, cambiarle o modificarle. Quanto dispendio di energie.Sicuramente un'azione che non può essere fatta con un post o un like lanciato dal proprio divano di casa. Perché l'esperienza prevede un dinamismo cognitivo che solo la rete non può dare; perché la rete è tutto, ma non è esperienza come l'abbiamo descritta.
Solo l'esperienza quindi ti permette di disprezzare con cognizione di causa e soprattutto avendone contezza. Il disprezzo senza esperienza ha una presa emozionale e un'adesione immediata, ma non dura. Infatti l'esperienza non ti porta al disprezzo tout court, ma a sperimentare politiche, organizzazioni, condivisioni, per far sì che emerga il valore delle tesi che tu sostieni.
Per ritornare alla questione della mozione parlamentare della Senatrice Segre, chi più di lei può darci testimonianza e ci possa raccontare cosa significhi fare esperienza del razzismo e dell'antisemitismo?
Nessuno. Chi sostiene il contrario, con diverse forme di comunicazione, avvalorando il proprio disprezzo, vuol dire che non ha fatto esperienza del significato di essere perseguitati a causa della propria razza; o meglio, ha preso posizione senza essersi messo in gioco in prima persona, senza pensare che la stessa cosa potrebbe capitare a tutti, nessuno escluso.