lunedì 17 dicembre 2018

L'attesa (del Natale)

M'immagino il Natale a Napoli nei Quartieri Spagnoli a metà ottocento: "Compàr vienì ra me a piglià nu' cafè" . Appena arriva l'amico si prepara la caffettiera napoletana. Passano venti minuti nell'attesa di gustare il caffè e tra una chiacchiera e l'altra ci si racconta, ci si ascolta, in uno scambio vicendevole di vita. Una visita può durare almeno due ore.

M'immagino il Natale a Torino negli anni cinquanta, sessanta. Pieno boom economico. La nascita del quartiere Mirafiori. I cartelli "non si affitta ai meridionali". "Compàr vienì ra me a piglià nu' cafè" . Appena arriva l'amico si prepara la moka. Passano neanche dieci minuti nell'attesa di gustare il caffè e tra una chiacchiera e l'altra ci si racconta, ci si ascolta, in uno scambio vicendevole di vita. Una visita per un caffè dura sicuramente meno di quelle con la caffettiera napoletana.

M'immagino il Natale a Londra, Milano, Berlino (qualsiasi città metropolitana) nel 21esimo secolo. "Amico, vieni a prendere il caffè" Il dialetto, anche se sei italiano (del sud o del nord non importa), si sente solo dalla cadenza del parlare (indipendentemente dall'idioma che utilizzi). "Sì, sì vengo, ma sono di fretta ... sai sono giorni concitati". "Ma non ti preoccupare, solo cinque minuti ... il tempo di un caffè". In effetti basta una macchina per il caffè, delle cialde e un regalo per non arrivare a mani vuote (fa "brutto" altrimenti). Un minuto e il caffè è pronto. Non c'è tempo per raccontarsi, ascoltarsi. Il gusto dell'attesa è terminato prima di iniziare.

Caso mai questo Natale mi faccio regalare (o regalerò) l'attesa con una caffettiera napoletana.