mercoledì 25 luglio 2018

Il valore che i risultati hanno per la comunità

La vicenda Marchionne mi ha fatto riflettere sull'importanza di avere dei valori fondanti nella vita. Valori di qualsiasi natura e forma ma che, in ogni caso, non sono mai individuali. Hanno sempre una valenza e un effetto sul collettivo.
Quando nel giro di una settimana viene a mancare l'Amministratore Delegato della settima potenza mondiale dell'Automotive e si è spettatori, in real time, dell'avvicendarsi degli avvenimenti, sembra di essere di fronte a un copione già scritto. E' facile, dunque, perdere di vista quanta fatica, lavorativa e umana, ci sia dietro quelle decisioni (decisioni sempre collettive) e quanta sofferenza ci possa essere nella vicenda personale e privata dell'uomo Sergio e dei suoi familiari.
Stamane, scendendo dalla metropolitana, avevo di fronte a me, in attesa del treno in direzione Lingotto, un uomo e una donna con valigia a seguito e, appeso al collo, il badge di FCA. Le parole che mi sono venute in mente, vedendo i loro volti e ripensando a come sia stata gestita la vicenda, sono state unità, coerenza, sobrietà, continuità e determinazione. Credo che l'impronta di Marchionne si vedrà negli anni e non sarà legata alla sua figura di manager brillante dal maglione blu, ma ai processi che ha innescato e che sicuramente verranno portati avanti. Si susseguiranno carismi diversi, ma ci sarà sempre al centro la dimensione collettiva. E' interessante quello che dice, a proposito, nel video che riporto nel link sottostante: "L'invito che posso fare a voi giovani è di prepararvi a entrare in un grande processo di costruzione, prepararvi di far parte della squadra che darà forma al futuro  ... concentrarsi su se stessi è una così piccola ambizione, è come dar vita a una tragedia senza eroi. Il giudizio su quello che una persona ha fatto nel corso della sua carriera, non dipende da quello che ha raggiunto, ma solo da quello che ha lasciato".
Credo che questo sia un grande insegnamento da custodire.

http://www.lastampa.it/2018/07/25/economia/marchionne-agli-studenti-nel-il-progresso-dipende-da-una-societ-multiculturale-FVmzCFZak9ZpUatDU8iBAO/pagina.html
Bisognerebbe evitare di predicare ai giovani il successo nella solita forma come lo scopo principale nella vita.
Il valore di un uomo si dovrebbe giudicare da quello che egli dà e non da quello che riceve.
Il motivo più importante per lavorare, a scuola e nella vita, è il piacere nel lavoro, piacere nel suo risultato, e la consapevolezza del valore del risultato per la comunità.
Albert Einstein

giovedì 12 luglio 2018

Esaltare la dimensione del bello

Esaltare la dimensione del bello è diventato ormai una cosa rara e da custodire. Quindi per ricordarci che il bello c'è ed è in mezzo a noi e in noi, ho deciso di annotare le immagini e le parole belle su cui quotidianamente inciampo. Chissà, questo modus operandi potrebbe prendere piede e aiuterebbe non a negare le problematiche, ma a renderle più leggere e allargare i punti di vista dai quali osservare il vissuto.

Ogni mattina sono sempre e perennemente in ritardo. Per dare il ritmo ai miei passi ascolto la musica. Percorro gli stessi marciapiedi, o uno o l'altro, in funzione del verde del semaforo. L'obiettivo è arrivare in meno tempo alla fermata della metro. Stamattina incontro Rashid, un uomo che ogni mattina mi saluta dal suo luogo di lavoro: un autolavaggio. Oggi anche lui è in ritardo e anche lui ha la musica alle orecchie. Ci togliamo le cuffie: "Ciao Erika, sei in ritardo, vero?" e nel frattempo mi dà la mano. "Anch'io sono in ritardo". E' vestito di tutto punto, come se dovesse lavorare in un ufficio. Solo in quest'occasione ho scoperto che si cambia al lavoro. Lo saluto e proseguo la mia corsa.
Il semafore dei pedoni è verde, quindi proseguo sullo stesso marciapiede. Un nonno sta portando all'Estate Ragazzi il proprio nipote. Felice il bambino inizia a giocare a calcio con i propri amici. Il nonno lo osserva dalla cancellata d'ingresso. Lo superero e, voltandomi indietro, quando arrivo al fondo della via è ancora lì, con il sorriso sulle labbra e con un'espressione beata.

Oggi incontro di nuovo il ragazzo maroccino che mi saluta sempre. Mi viene incontro con una scatola di cioccolatini e mi dice: "prendine uno, la scorsa settimana mia moglie ha partorito".

Claudia D'Antoni docet: "Perché possiamo avere un sogno "con benzina" che ci tiri verso l'Alt(r)o".

- 10 giorni e per il terzo anno consecutivo Impegarsi Serve sarà nel regno eSwatini (Swaziland). Altra bellezza che pian piano cresce.

martedì 3 luglio 2018

L'amore (R)esiste

Queste sono grazie che si possono solo cogliere, accogliere e condividere.
Di tutto questo non si può che essere grati

Pieve di Soligo, 29 Giugno 2018 

Gentile signora Erika,
Ho letto con piacere sul giornale “L’Azione” notizie riguardo a suo zio Don Luigi Sgargetta e come fosse interessata a sapere qualcosa in più. Mi chiamo Pinco Pallo e abito a Pieve di Soligo, parrocchia dove Don Luigi, prima di esser trasferito a Cimetta, prestava il servizio d’anime.

Di lui ho un bel ricordo di giovane prete attivo sempre e a servizio del bene. A lui non serviva sapere come e da chi veniva, l’importante era che bene fosse. In quegli anni con la guerra finita da poco, il mondo rurale nella nostra zona non sapeva trasformarsi, ecco invece lui con il suo sorriso dare consigli, incoraggiare e spronare i nostri giovani contadini a formare cooperative e dare il là alla sviluppo della zona.

Non sono a conoscenza come tanto dinamismo si inceppò con il suo trasferimento, ma so che ci rimase male. Me lo confidò di persona quando mi recai a Cimetta a una visita di circostanza, per ringraziarlo di avermi donato in occasione del mio matrimonio il quadro da appendere sopra il letto che rappresentava “La Madonna della seggiola”. Passato qualche tempo il Vescovo Mons. Luciani chiese al suo clero se qualcuno volesse andare in missione in Burundi donando un po’ della sua giovinezza. Egli vi aderì con entusiasmo. Partì verso la fine dell’anno 1969 assieme all’ex sindaco di Pieve don Mario Gerlin ordinato sacerdote proprio in quel tempo, all’età di cinquant’anni.

Fu da lui che seppi questa confidenza riguardo a Don Luigi, egli si rammaricava di non essere come lui. Mi diceva: “Vedi Pinco, Don Luigi si è integrato con la gente del posto accettando anche di sedere alle loro tavole, di consumare con loro quel magro cibo, a volte anche di solo cavallette arroste, è duro da confessare ma purtroppo io non ci riesco.” Grande fu a Pieve il dolore quando si seppe della sua morte, alla cittadinanza sembrava impossibile che la notizia fosse vera. In segno di solidarietà, la parrocchia organizzò una corriera per essere partecipe al suo funerale al paese di Chieri.