martedì 20 agosto 2013

Dal diario di Don Luigi Sgargetta


Domenica 14/3/1965

In occasione delle riforme liturgiche ritorna chiaro un punto del programma di colonizzazione: la lingua. Ci sono padri che non conoscono il Kirundi; nelle scuole si dà importanza solo al francese. Il francese è un evidente mezzo per deformare questa gente, per creare una mente divisa nella struttura sociale. Esiste una certa opinione secondo cui bisognerebbe eliminare il Kirundi. Sono cose che contrastano l'umanità. Personalmente mi preoccupa il fenomeno degli évolué. Sono talmente deformati per una formazione colonizzatrice ricevuta, che non si degnano di mettersi a contatto con la povera gente. Quanti poi sono nella politica fanno capire che in programma c'è solo l'egoismo senza la minima preoccupazione per il bene del paese. E' gente tagliata fuori dalla popolazione.

Mercoledì 17/11/1965

Ho passato due giornate nella succursale di Burundi assistendo alle Confessioni. Dopo due anni di Ministero sacerdotale in terra d'Africa posso dire che con l'aiuto del Signore ho realizzato discreti risultati sia per quanto riguarda la lingua sia per quanto riguarda la mentalità e l'impegno di adattamento. 

Giovedì 25/11/1965

Abbiamo cominciato oggi la costruzione del piccolo campanile per collocare la piccola campana della Missione Il disegno l'ho calcato dalla mia testa.

Sabato 29/1/1966

Si parla di conferenze sul Concilio. Penso che si possa viverlo senza tante conferenze. Se il sacerdozio è un servizio il prete deve crearsi in merito tutta una mentalità e un programma di vita. Se pianifichiamo la nostra vita comoda o disordinata al dono di sé per gli altri è inutili parlare di conferenze. Se il prete deve vivere la povertà deve sapere rinunciare alle macchine e alle servitù troppo numerosa. Anche su questo punto è tutta una mentalità e un genere di vita  da creare specialmente in mezzo a questa cristianità giovane.

Domenica 21/5/1967

Ritorno da Kihinga per il servizio. Ho visitato anche Bucana. Mio papà mi comunica che dal 23 aprile hanno incominciato ad abitare la casa nuova di Chieri. Mio fratello Mario mi comunica di essersi sposato il 3-4-1967.

domenica 18 agosto 2013

E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna

C'è sempre una contrapposizione in tutto quello che viviamo. C'è sempre un contraltare con il quale dobbiamo fare i conti. Un paradosso, un ossimoro che accompagna le nostre giornate.
Ieri passeggiando in collina tra Chieri e Pino Torinese, in una splendida giornata ventilata e di sole io e mio padre vediamo una ragazza che cammina nella strada che conduce al Podio. Noi siamo piuttosto lontani, ci sarà più o meno un chilometro di distanza. Come sempre mio padre elogia chi si tiene in forma e dedica del tempo per camminare all'aria aperta purificando corpo e mente. Ma man mano che ci avviciniamo dobbiamo ricrederci. Incomincio a commentare la magrezza della ragazza. I nostri passi si avvicinano a lei in grande velocità in confronto alla sua camminata che procede a stento tra un sorso d'acqua e l'altro. Arrivati a pochi metri potevo contarle le costole e vedovo tutte le articolazioni del ginocchio e i muscoli delle gambe ... la realtà ha superato la campagna pubblicitaria di Benetton contro l'anoressia che ha fatto tanto scalpore qualche anno fa ... mi è venuta in mente una frase che ho letto ieri "E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una menzogna" Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini.
Quando, l'ho salutata, - si usa quando s'incontra della gente in camminata - l'ho guardata per pochi istanti in viso, non riuscivo a reggere lo sguardo. Avrà avuto 37 anni, non di più. Mi si è stretto il cuore.
Quello che più mi ha sconvolta non è stata la sua magrezza: quello che ho letto nei suoi occhi è stata solitudine, bisogno di affetto. Questo sì che mi ha fatto girare il sangue. Siamo bombardati di messaggi che parlano dell'anoressia e di tutte le malattie del corpo e dello spirito. Abbiamo miriade di social network che coccolano le nostre esigenze affettive. Ma in fondo sono vacue, momentanee, superficiali.
Quando m'imbatto in questi pensieri, mi viene sempre in mente la canzone dei GenRosso "Lavori in corso". Non metto la musica, qui sotto inserisco solo il testo. E' una buona sintesi di quello che tutti abbiamo bisogno nei momenti difficili della nostra vita nei quali, a volte, si deve mettersi al lavoro per ricominciare aiutati dalle persone care che ci circondano. Da soli non si fa mai niente.

C'è bisogno di silenzio,
c'è bisogno di ascoltare
c'è bisogno di un motore
che sia in grado di volare
c'è bisogno di sentire, c'è bisogno di capire
c'è bisogno di dolori
che non lasciano dormire
c'è bisogno di qualcosa,
c'è bisogno di qualcuno
c'è bisogno di parole 
che non dice mai nessuno.

C'è bisogno di fermarsi,
c'è bisogno di aspettare
c'è bisogno di
una mano per poter ricominciare
c'è bisogno di domande,
c'è bisogno di risposte
c'è bisogno di sapere 
cose sempre più nascoste
c'è bisogno di domani, c'è bisogno di futuro
c'è bisogno di ragazzi
che sono al di là del muro.

C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore grande
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo sempre più distante.

[...]

C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore immenso
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo che ritrovi senso.

Abbiamo visto cose nuove
abbiamo fatto tanta strada
ma il mondo che verrà domani
resta un'impresa da titani
siamo tutti adesso importanti
siamo tutti un po' più attori
in questi grandi lavori in corso.

C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore grande
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo sempre più distante.
C'è bisogno di un amore vero
c'è bisogno di un amore amore
c'è bisogno di un pezzo di cielo
in questo mondo che abbia più colore.

C'è bisogno di memoria, c'è bisogno di pensare
c'è bisogno di coraggio, c'è bisogno di sognare.